Quel che dovete sapere: un commando dell’organizzazione terroristica U.L.T.I.M.A.T.U.M. guidato dallo Spezzabandiera ha assalito un hotel di Valencia, in Spagna, dove si stava tenendo un importante vertice internazionale prendendo in ostaggio tutti i delegati e minacciando di ucciderne uno ogni ora se non fossero stati liberati i loro compagni arrestati dopo un fallito attacco a Washington.

Nick Fury ha incaricato i Vendicatori Segreti di risolvere la situazione.

Nel frattempo le indagini sull’assassinio dei genitori e della sorella di Amadeus Cho hanno portato il giovane coreano assieme al Soldato d’Inverno e U.S.Agent sino a Madripoor dove i guai sono in agguato dietro ogni angolo.

A Richmond in Virginia Sharon Carter ha ricevuto la visita del funzionario della C.I.A. William Rawlins che le ha proposto una missione impossibile in Estremo Oriente.

Si riparte da qui.

 

 

#39

 

GIOCO PERICOLOSO

Di Carlo Monni & Carmelo Mobilia

 

 

Hotel Las Arenas, Valencia, Spagna.

 

La scenario che gli si parava davanti era decisamente drammatico: all’interno dell’auditorium lo Spezzabandiera e quattro dei suoi uomini erano sul punto di giustiziare altrettanti ostaggi, ciascuno inginocchiato dinnanzi ad uno dei rapitori e con una pistola puntata alla nuca.

La mente di Steve Rogers andò indietro ad alcuni anni prima, quando in Svizzera, un uomo di U.L.T.I.M.A.TU.M. aprì il fuoco sulla folla, e lui per impedirgli di fare un massacro, fu costretto a sparagli, uccidendolo.[1]

Steve si trovava in una situazione decisamente disperata; non aveva alcuna speranza di salvare tutti e quattro gli ostaggi, lo sapeva bene, e già sentiva il rimorso per quelle vite stroncate a causa dei suoi errori di valutazione. Strinse i pugni per la rabbia e il suo cuore batteva come un tamburo, quando all’improvviso notò uno strano bagliore alle spalle dei quattro terroristi: da quella luce, quasi come un’apparizione celeste, si materializzò Solo, il flagello dei terroristi.

Tutti sapevano chi era e di cosa era capace: la sua fama di implacabile killer lo anticipava.

Usando il corpo del suo collega come scudo per ripararsi dallo sparo, lo Spezzabandiera evitò di venire ucciso sul colpo, mentre i suoi compagni non furono altrettanto fortunati: Solo sparò loro a bruciapelo, dandogli la morte che un istante prima avevano prefissato per gli ostaggi.

<A TUTTI LE UNITÀ, ACCORRETE ALL’AUDITORIUM! CI SONO DEGLI INTRUSI!> gridò lo Spezzabandiera nel walkie talkie, e al suo comando entro pochi istanti un manipolo di uomini entrò a fucili spianati.

<Proteggete gli ostaggi, presto!> ordinò Steve, e Yelena, Donna Maria e Jack Flag scattarono all’unisono: si avventarono sugli uomini di U.L.T.I.M.A.T.U.M. impedendo loro di nuocere agli ostaggi.

<Non mi sfuggirai, bastardo.> disse Solo, rivolto allo Spezzabandiera.

 

 

Confine tra Sin-Cong ed il Tap-Kwai, Sud-Est Asiatico.

 

Due uomini e tre donne si trovavano nascosti tra la folta vegetazione ed osservavano l’orlo di un burrone tanto profondo che ad occhio nudo non se ne intravedeva il fondo e largo diverse centinaia di metri.

<Questo è il tratto meno sorvegliato del Confine.> spiegò Sharon Carter.

<E capisco anche il perché.> replicò Paladin <È impossibile arrivare dall’altra parte a meno di saper volare e nessuno di noi ne è capace, giusto?>

<Non ne avremo bisogno.> ribatté Sharon <Guardate a cento metri sulla destra.>

Un ponte di corde dall’aria traballante si ergeva sull’abisso.

<Lo usavano i contrabbandieri ed i guerriglieri ai vecchi tempi.> spiegò Sharon.

<Un paio di tiratori scelti da entrambi i lati potrebbero tenere a bada un intero esercito.> disse Paladin pensieroso <Forse ne basterebbe uno solo.>

<Ed è esattamente quello che hanno fatto, guardate bene.>

Seminascosti dai cespugli stavano due uomini che indossavano l’uniforme dell’esercito del Sin-Cong ed avevano l’aria annoiata.

<Ce ne sono due anche dall’altro lato.> aggiunse Sharon.

I binocoli di precisione degli altri quattro furono puntati nella zona indicata dall’ex Agente 13 ed inquadrarono una coppia di soldati del Tap-Kwai.

<Vanno neutralizzati.> sentenziò Sharon <Nomad, tu e Yukio pensate a quelli da questo lato, quanto agli altri…>

Sharon estrasse dal suo zaino dei componenti metallici che assemblò sino a formare un fucile di precisione con mirino telescopico laser. Paladin aveva fatto altrettanto.

<A me quello di destra, a te quello di sinistra.> disse la donna.

<Agli ordini. Comandante.> replicò con un sogghigno il mercenario tecnologico.

<Ehi, un momento: non vorrai ucciderli? Sono solo soldati che fanno solo il loro dovere.> protestò Nomad.

<E magari nel farlo hanno torturato, stuprato, ucciso e si sono pure divertiti.> ribatté Sharon con insolita durezza <Ma tranquillizza la tua coscienza, Jack, non sono una volgare assassina: sto usando proiettili narcotizzanti, e così Paladin.>

<Esattamente.> confermò l’altro poi aggiunse <Hai il cuore tenero per essere uno che ha ucciso senza rimorso dei boss della droga.>

<Era… diverso. Io ero diverso.> rispose Jack Monroe, cupo.

<È sempre diverso quando ci riguarda da vicino.> ribatté Paladin.

<Ora basta!> intimò Sharon <Tu pensa a fare la tua parte, Nomad, noi faremo la nostra.>

<Ed io? Devo stare a guardare?> intervenne Diamante.

<A tempo debito avrai anche troppa azione, credimi.> replicò Sharon, poi, senza attendere oltre, sparò abbattendo il suo bersaglio mentre Paladin la imitava con eguale successo.

Nel frattempo Nomad e Yukio sistemavano le sentinelle dal loro lato. Una volta che queste furono legate, Sharon ordinò:

<Andiamo!>

Pochi istanti dopo la squadra imboccò il precario ponte.

 

 

Hotel Las Arenas, Valencia, Spagna.

 

Gli ostaggi corsero freneticamente fuori dall’albergo. Steve rimase in retroguardia a proteggerne la fuga.

Gli agenti di U.L.TI.M.A.T.UM che erano appena arrivati stavano comunque tentando di colpire i fuggiaschi.

<Fanatici sino all’ultimo.> pensò Steve, azionando con il suo scudo fotonico deviando così le pallottole.

Nel frattempo Solo si muoveva rapidamente per la sala sparando senza mai mancare il bersaglio.

Un altro tipo di fanatico, dello stesso genere del Punitore. In questo momento erano dalla stessa parte ma i suoi metodi non gli piacevano.

Si accorse che lo Spezzabandiera era fuggito e che Solo gli stava andando dietro.

Si rivolse ai suoi:

<Dobbiamo impedire allo Spezzabandiera di uccidere il resto degli ostaggi ed a Solo di uccidere lui. Voi andate, a questi ci penso io.>

Nessuno discusse il suo ordine. Sapevano benissimo che Steve poteva cavarsela agevolmente con i pochi avversari rimasti e si mossero per inseguire lo Spezzabandiera e Solo.

Steve era abbastanza certo che a questo punto lo Spezzabandiera avesse deciso di eliminare tutti i delegati rimanenti per resistere fino alla fine all’inevitabile assalto delle truppe speciali spagnole cercando una morte eroica.

Sarebbe stato un bagno di sangue e Steve voleva impedirlo a tutti i costi nonché catturare vivo il suo avversario. Non sarebbe stato facile, lo sapeva, ma se avesse voluto davvero una vita facile sarebbe rimasto un semplice insegnante.

Questi pensieri gli attraversarono la mente in un lampo mentre si batteva con gli agenti di U.L.T.I.M.A.T.U.M. rimasti. Non ci mise molto a sistemarli e poi si lanciò nel corridoio.

Mentre correva azionò il suo comunicatore e lo sintonizzò su una determinata frequenza:

<Desidero parlare con Maria Pilar Cortes ed il Comandante Diego Sandoval.>>

<<Lei chi è e come ha avuto questa frequenza?>> replicò una voce di donna in un ottimo Inglese con appena una traccia di accento castigliano.

<Il mio nome non è importante.> ribatté Steve <Ciò che conta è che sono dentro all’hotel e posso liberare tutti gli ostaggi.>

<<Da solo, e contro un piccolo esercito?>> uomo, accento diverso. Diego Sandoval indubbiamente.

<Non sono da solo, ho con me una squadra di agenti ben addestrati.>

<<Chi siete? Mossad, C.I.A., S.H.I.E.L.D.?> ancora la donna, ovviamente Maria Pilar Cortes.

<Come ho detto: non ha importanza.>

 <Perché dovremmo fidarci di lei?>>

<Perché sono l’unico che ha una concreta speranza di salvare tutti gli ostaggi rimasti.>

Silenzio. Steve immaginò una breve consultazione poi udì di nuovo la voce della donna.

<<Ha un’ora poi le forze speciali della Guardia Civil interverranno.>>

<Mi basterà. Chiudo.>

Steve continuò la sua corsa contro il tempo.

 

 

Madripoor.

 

Il Soldato d’Inverno, Amadeus Cho e USAgent arrivarono a Madripoor, ovviamente in incognito grazie a passaporti abilmente falsificati. Dopo una rapida sosta al loro hotel per lasciare i loro pochi bagagli si recarono al famigerato Princess Bar dove speravano di avere informazioni: si diceva infatti che se volevi sapere qualcosa, qualsiasi cosa, era qui che dovevi chiedere.

Si misero al bancone e ordinarono da bere: vodka per Bucky, birra per Agent, coca per Amadeus.

<Sei il primo qui che ordina una coca senza il rum.> commentò Belle, una matronale rossa dall’età indefinita che aveva uno spiccato accento irlandese.

<Non ho ancora l’età per bere alcolici.> replicò Amadeus.

<Negli Stati Uniti forse... perché è da lì che venite vero? Ma qui le regole sono diverse.> 

Belle si sporse sul bancone sfoggiando un sorriso ammiccante e mostrando una generosa scollatura poi disse:

<E l’età per un altro genere di divertimenti pensi di averla?>

Amadeus avvampò mentre Bucky soffocava una risatina e Agent rimaneva impassibile come suo solito… anche se le sue labbra si mossero forse di un millimetro.

Un uomo grande e grosso chiaramente asiatico scoppiò in una grassa risata e disse:

<Te la fai con i ragazzini adesso, Belle? Per te ci vuole un vero uomo come me.>

Belle storse le labbra e replicò.

<Sbronzo come sei, dubito che saresti di qualche utilità per una donna, Wang.>

<Come osi, vecchia sgualdrina? Ti faccio vedere io se sono ancora capace di soddisfare una donna!>

<Dacci un taglio e vattene a dormire, Wang.> intervenne un nero sui quarant’anni, coi baffi vestito in stile Indiana Jones a parte un berretto da aviatore, seduto anche lui al bancone.

<Non prendo ordini da te Corrigan.> ribatté quello chiamato Wang dando all’altro uno spintone che lo fece cadere dallo sgabello poi si volse verso la barista e le afferrò un polso dicendo <E ora Belle…>

<Lasciami brutto pezzo di…> reagì Belle.

Da un tavolo vicino un uomo fece per alzarsi ed intervenire ma una donna posò una mano sulla sua spalla e disse:

<Aspetta.>

Wang intanto stava continuando a stringere il polso di Belle quando qualcuno gli strinse il braccio in una morsa ferrea costringendolo a girarsi

Wang si trovò di fronte a John Walker.

<E tu di che t’impicci?> esclamò l’orientale..

<Non mi piace come tratti la signora.> replicò l’altro.

<Signora? Vuoi dire Belle? Lei non è una signora è una p…>

Un diretto al mento interruppe le sue parole e Wang si afflosciò al suolo.

<Non mi piace nemmeno il tuo linguaggio.> commentò l’altro.

Un uomo si avvicinò al bancone. Era un bianco sui quaranta dai capelli biondi che indossava uno smoking con giacca bianca. Guardò l’uomo a terra e disse:

<Bella castagna, Mister. Non è da tutti stendere Wang al primo colpo. Mi chiamo O’Donnell, sono il gestore del Princess Bar e di solito non mi piace che ci si prenda a pugni nel mio locale.>

<Vacci piano O’Donnell.> intervenne Belle <Questo giovanotto ha difeso la mia virtù.>

<Dubito che la tua virtù sia mai stata seriamente in pericolo, Belle. In ogni caso Wang è un attaccabrighe e mettendolo fuori combattimento lo straniero ci ha fatto un favore.>

<La stessa cosa che penso anch’io.> commentò il nero in tenuta da aviatore che intanto si era rialzato.

<Tutto a posto Archie?>

<Si è ferito solo il mio orgoglio.> rispose Archie Corrigan.

O’Donnell squadrò i nuovi arrivati, fece un mezzo sorriso ed aggiunse:

<Se volete seguirmi al mio tavolo, c’è qualcuno che vorrebbe conoscervi.>

Walker era perplesso ma Bucky Barnes rispose con disinvoltura:

<E noi saremo lieti di fare la sua conoscenza.>

Seguirono O’Donnell e Corrigan sino al tavolo dove sedeva una donna molto bella, all’apparenza di origini cinesi, che indossava un cheongsam, l’abito tradizionale femminile cinese. Ai suoi lati, rispettivamente a destra e a sinistra, stavano: un uomo forse malese corpulento, calvo, baffi alla mongola che indossava un impeccabile completo scuro, ed un uomo della stessa etnia, snello e con la divisa da poliziotto.

O’Donnell fece le presentazioni:

<Il Cancelliere Ranjamaryam, il Capo della Polizia Tai e la Principessa Jessan, Sovrana Regnante di Madripoor>

Amadeus fece un fischio.  Avevano attirato l’attenzione dei pezzi grossi ma era un bene o un altro problema?

 

 

Giungla del Tap-Kwai

 

Sharon e la sua squadra attraversarono la giungla tropicale per raggiungere la famigerata prigione.

Avevano percorso chilometri sotto un caldo infernale, con un umidità altissima e divorati dalle zanzare, ma nessuno dei suoi si era lamentato o aveva dato segni di cedimento.

Non lo dava a vedere ma Sharon era fiera di ognuno di loro.

Aveva visto giusto nel averli voluti in squadra. Ognuno di loro aveva quello che ci voleva per riuscire ad emergere in quel lavoro da pazzi che aveva scelto per vivere.

Arrivati ai margini di una radura Sharon fece loro cenno di fermarsi, estrasse il proprio binocolo e si sdraiò protetta dalla vegetazione. Gli altri la imitarono.

<Ci siamo, ecco il nostro obiettivo.> disse.

Ognuno di loro mise mano al proprio binocolo e lei indicò una lunga strada asfaltata che si snodava proprio in mezzo alla giungla.

<Una delle sole due vie d’accesso alla prigione. L’altra è via elicottero.> affermò Sharon <Un tempo ospitava le guarnigioni di confine ed era un baluardo contro le invasioni. La sua posizione isolata e raggiungibile solo attraverso una via obbligata rendeva e rende tuttora impensabile assaltarla direttamente.>

<Da quel che ne so anch’io, direi che solo dei pazzi oserebbero sperare di poterci entrare e soprattutto uscirne portandosi dietro uno dei prigionieri.> commentò Paladin.

<Ovvero, gente come noi. Non siamo tutti un po’ pazzi?> replicò, ridendo, Yukio.

<Io ne sono uscita.> replicò Sharon in tono secco ignorando ostentatamente il commento di Yukio.

<Qual è il tuo piano, Sharon?> le chiese Nomad <Perché ne hai uno, vero?>

<Forse.> rispose lei enigmaticamente mentre puntava il binocolo verso una piccola costruzione ai margini della giungla dove erano parcheggiati un paio di humvee[2] che sembravano avere qualche anno, dismessi dall’Esercito americano ed acquistati da una delle nazioni vicine probabilmente.

Sulla soglia una sentinella dall’aria annoiata che vestiva la divisa da lavoro dell’Esercito del Tap-Kwai.

<Tutto dipende dal fatto che una certa persona rispetti una certa tabella di marcia.> aggiunse Sharon.

Improvvisamente si sentì un rumore in lontananza era un elicottero che atterrò in un piccolo spiazzo.

Ne scesero un uomo sui quarant’anni che indossava una divisa verde con stemmi e fregi sulle spalline ed i taschini, una giovane donna, anche lei orientale ma di un’etnia diversa, almeno per l’occhio attento di Sharon, e due soldati.

Sharon fece un mezzo sorriso

<Proprio come immaginavo.> sussurrò poi si rivolse agli altri dicendo <Quello è il nostro bersaglio: il Generale Hong Fan, capo della Polizia Segreta del Tap-Kwai assieme alla sua interprete personale. Sarà lui a farci entrare nel carcere.>

<E sono certo che gli piacerebbe vederci lì dentro come ospiti.> ribatté Paladin con un sogghigno <Ma non sarebbe altrettanto entusiasta di farci uscire mi sa >

<Ho pensato anche a questo.> replicò Sharon, poi indicò la casermetta <Uno dei tanti posti di controllo prima di arrivare alla prigione.> spiegò <Hong Fan ha l’abitudine di fermarsi qui, durante le sue ispezioni riposarsi e far fare rifornimento all’elicottero.  Ci sono solo sei soldati in tutto. Noi ci impadroniremo della postazione, prenderemo Hong Fan prigioniero e lo… persuaderemo ad accompagnarci sino alla prigione dove preleveremo Hoy grazie ad falso ordine di trasferimento che Hong Fan ci farà la gentilezza di firmare.>

<Persuasione amichevole, suppongo.> commentò ancora Paladin <Come piano pazzesco non c’è male. Vorrei ricordarti che a parte la nostra deliziosa Yukio nessuno di noi può passare per asiatico ed anche lei verrebbe facilmente riconosciuta come giapponese.>

<Ho pensato anche a questo.>

<Quante chiacchiere.> sbottò Yukio.

Balzò sulla strada e si mise a correre verso la casermetta.

<Quella matta!> esclamò Diamante <Adesso che facciamo?>

<Le andiamo dietro ovviamente.> replicò Nomad poi guardò Sharon ed aggiunse <Giusto, capo?>

<Giusto.> rispose lei sorridendo.

Stando bene attenti a non farsi notare scesero fino alla strada e raggiunsero la casermetta.

Yukio aveva già eliminato le sentinelle che giacevano a terra svenute.

Nomad era arrivato all’elicottero e saltò addosso alla gola del soldato di guardia facendolo svenire usando la presa di lotta nota come mezzo Nelson poi raggiunse gli altri

Sharon gli fece un cenno e Nomad sferrò un calcio alla porta che si spalancò. Prima che i soldati potessero fare un gesto la pistola in modalità stordente di Paladin fece fuoco abbattendo due militari mentre altri due ricevevano sul collo i dardi di Diamante.

Rimanevano solo due soldati, la giovane interprete ed uno stupito Hong Fan contro cui Sharon puntò la sua pistola.

<Arrendetevi o gli faccio saltare la testa.> ordinò perentoria.

<Sharon Carter?> esclamò l’ufficiale

<Indovinato. Dì ai tuoi uomini di abbassare le armi, adesso.>

Il generale si rivolse ai suoi uomini:

 <Obbeditele. La conosco e non bluffa.>

<Sei sveglio Hong Fan.>

<Non credevo che ti avrei più rivista. Non dirmi che sei tornata per me...>

<Non vali abbastanza. Ho una missione e che ti piaccia o no, tu mi aiuterai.>

<E se non volessi collaborare?>

<Ti aprirei un buco in testa e ti lascerei a marcire nella jungla.>

L’uomo la fissò negli occhi che parevano di ghiaccio e capì che non era una minaccia a vuoto.

 

 

Hotel Las Arenas, Valencia, Spagna.

 

Jack Flag si era appena battuto con una squadra di agenti di U.L.T.I.M.A.T.U.M. ed aveva avuto la meglio.

Si sentiva carico di adrenalina ed ansioso di fare qualcosa di più per contribuire risolvere quell’ingarbugliata situazione.

Stava correndo verso l’auditorium quando si trovò di fronte lo Spezzabandiera con alcuni suoi miliziani.

Per un attimo la scena parve come congelata poi lo Spezzabandiera urlò:

<Un maledetto supereroe. Uccidiamolo!>

Un altro si sarebbe forse spaventato davanti ad un gruppo di fuoco come quello ma Jack aveva affrontato il pericolo in più occasioni e non perse tempo. I suoi muscoli potenziati lo spinsero contro i suoi avversari che rimasero sconcertati da un simile atto d’audacia e tardarono a sparare ed una volta che l’eroe americano fu in mezzo a loro esitarono a farlo per paura di colpirsi a vicenda.

Jack Flag approfittò del vantaggio per colpirne il più possibile: nonostante il fisico palestrato potesse far credere il contrario era molto agile ed aveva passato molte ore ad allenarsi nelle più varie discipline atletiche e stili di combattimento.

Un calcio rotante stese un avversario, un altro si prese un diretto al mento.

Alle sue spalle uno dei miliziani stava per sparargli, ma prima che potesse farlo, però si udì un sordo crepitare e la raffica di un Uzi, la famigerata mitraglietta israeliana, falciò i miliziani rimasti in piedi.

A sparare era stato un uomo in costume verde che Jack non aveva mai visto prima.

<Tu chi sei?> gli chiese bruscamente.

<Mi chiamo Solo e dove passo io, il terrore muore.> ribatté l’altro.

<Mi ero accorto di quel tipo, potevo fermarlo. Non c’era bisogno di uccidere lui e gli altri.>

Solo si strinse nelle spalle. Quello che aveva davanti era sicuramente uno sciocco idealista ma non poteva perdere tempo con lui: lo Spezzabandiera aveva proseguito la sua fuga.

Doveva prenderlo o avrebbe fatto uccidere tutti gli ostaggi rimanenti, non poteva permetterlo.

Aveva studiato la planimetria del posto ed aveva un’idea di dove fosse diretto: lo avrebbe preceduto. Azionò un comando sulla cintura ma a parte un lieve sfarfallio non accadde nulla.

“Maledizione!” pensò “C’è qualcosa che disturba il mio sistema di teletrasporto. Dovrò andargli dietro alla vecchia maniera.”

Si infilò in un corridoio ignorando Jack Flag che rimase perplesso sul da farsi. Lo avrebbe dovuto inseguire? Oppure doveva attenersi al piano? Improvvisamente arrivarono Donna Maria e Yelena Belova a toglierlo dall’indecisione.

<A quanto pare hai incontrato lo Spezzabandiera.> commentò la latinoamericana.

<Ed anche un pazzoide di nome Solo.> replicò Jack <Lui…>

<Non c’è tempo per le spiegazioni.> tagliò corto la Vedova Nera <Quell’esaltato vuole uccidere tutti gli ostaggi. Dobbiamo fermarlo a tutti i costi.>

Jack non aveva bisogno di altri incentivi. Si unì alle due donne e la corsa riprese.

 

 

Princess Bar, Madripoor.

 

Jessan Hoan, Principessa Regnante di Madripoor sorrise e disse ai suoi titubanti ospiti:

<Vi prego, sedetevi. Vi chiederete, forse, che ci fa la sovrana di quest’isola in un locale come questo? Beh, è mio… mio e di un mio amico al momento assente.[3] Vedete, prima che fortunate circostanze[4] mi innalzassero alla mia attuale posizione io ero conosciuta come Tyger Tiger, ed ero la Signora del Crimine locale.>

La mascella di John Walker si contrasse e lei gli si rivolse:

<Scandalizzato? Da queste parti e specie in quest’isola il confine tra legalità ed illegalità è sempre stato molto labile; dopotutto questa nazione è stata fondata dai pirati c’è sempre stato un preciso equilibrio su cui io vigilo con fermezza: il crimine organizzato se ne sta fuori dalla Città Alta ed in compenso, se non esagera, ha mano libera nella Città Bassa.>

<E naturalmente lei incassa una quota dei profitti delle bande.> commenta Bucky.

<Naturalmente. È dovere dei sovrani riscuotere le tasse sulle attività dei propri sudditi ed io lo faccio anche su quelle illegali, che male c’è? il Princess Bar è un luogo neutrale da cui restano fuori tutte le rivalità. Chi ha provato a violare le regole se n’è sempre pentito.>

<Interessante, ma cosa c’entra con noi?>

Jessan Hoan fece un cenno a Tai che prese la parola:

<Siete arrivati questo pomeriggio con un volo dalla California con scalo a Hong Kong e vi siete registrati al Prince Baran Hotel con nomi chiaramente falsi.>

 Il suo sguardo passò da Bucky ad Amadeus a John mentre continuava::

<Calvin Coolidge, il nome di un presidente degli Stati Uniti degli anni 20 del secolo scorso, Jonathan Ke Quan come l’attore asiatico del film degli anni 80, “I Goonies” e James Beam, come la marca di un noto distillato del Kentucky.>

Amadeus fece un altro fischio, Bucky emise un lieve sospiro e John rimase impassibile come al solito.

<Usare nomi falsi non è insolito a Madripoor ma la mia domanda è: cosa siete venuti a fare qui? Non a minacciare l’equilibrio di cui parlavo, spero.>

<Suppongo che ci convenga giocare a carte scoperte.> disse Bucky <Siamo qui per una donna. Si chiama Cheer Chadwick, è americana ed è coinvolta in attività terroristiche che hanno causato centinaia di morti, compresi i genitori e la sorella di questo ragazzo.> indicò Amadeus < Dobbiamo riportarla negli Stati Uniti con qualsiasi mezzo perché sia processata per i suoi crimini.>

<Capisco.> disse Jessan.

Rimase silenziosa riflettendo poi si rivolse al Capo della Polizia:

<Che sappiamo di questa Chadwick, Tai?>

<Cheer Chadwick, cittadina americana. È qui da un paio di mesi. Alloggia in una delle più costose suite del Princess Hilton Hotel a Uptown. Frequenta molti locali notturni ed è ospite abituale del casinò dell’hotel.>

La Principessa si rivolse ancora ai suoi ospiti:

<L’estradizione è fuori questione, nuocerebbe agli affari ma se riuscirete a… prelevare Miss Chadwick e portarla via da Madripoor con discrezione e senza turbare la quiete della Città Alta, noi faremo finta di non sapere nulla.>

<Ottimo!> esclamò Amadeus.

<La ringrazio Vostra Altezza.> disse Bucky.

Il primo ostacolo era superato ma ne restavano altri e l’istinto diceva al Soldato d’Inverno che non tutto sarebbe filato così liscio.

 

 

Hotel Las Arenas, Valencia, Spagna.

 

Solo avanzava per i corridoi, all’inseguimento dello Spezzabandiera. Lo spietato vigilante voleva a tutti costi la vita del leader di U.L.T.I.M.A.T.U.M., ed era intenzionato a non andarsene dalla Spagna senza averla presa. Camminava a mitra spianato, pronto a far fuoco. Riprovò a far funzionare il suo equipaggiamento ma fu inutile: proprio non andava.

 <Quel bastardo ...> pensò riferendosi all’uomo che stava inseguendo <Deve essere riuscito in qualche modo a mandare in tilt il mio sistema di teletrasporto. Non riesco ad utilizzarlo. Devo resettarlo... non tornerà funzionante prima di 10 minuti. Devo tenerne conto e tenere un profilo basso. Ma non importa. Questo non mi impedirà di ucciderti, Bandiera. Sei un uomo morto.>

Determinato a portare a termine la sua missione proseguì nella sua camminata, arrivando fino alla spa dell’hotel.

Se il suo arrivo sulla scena avevo colto di sorpresa lo Spezzabandiera, non si poteva dire che il terrorista fosse altrettanto sorpreso in quel momento: aspettandosi di venire inseguito, la preda si tramutò in cacciatore, e fu lui stesso a tendere un agguato a Solo, aggredendolo alle spalle, colpendolo con la sua mazza chiodata.

Solo cadde a terra stordito; per fortuna il suo cappuccio era rinforzato o il colpo gli avrebbe fracassato la testa. Si maledì per la disattenzione e rimpianse il non poter ricorrere al teletrasporto per togliersi da quella situazione di pericolo.

Aveva perso entrambi gli Uzi, e mentre cercava di prendere la sua Desert Eagle dalla fondina, lo Spezzabandiera lo colpì con un calcio al polso, facendogli perdere pure quell’arma.

Il terrorista cercò di colpirlo nuovamente con la sua arma, ma Solo evitò il colpo letale rotolando di lato, rimanendo però scoperto al secondo attacco del suo avversario, che lo colpì al costato con un calcio, lasciandolo senza fiato.

<Sei una spina del fianco da troppo tempo, Solo.> disse furente <Ne hai ammazzati troppi dei nostri, pezzo di merda.>

<M-Mai abbastanza ...> rispose Solo, ancora dolorante. 

Cercò di rimettersi in piedi ma un secondo calciò lo risbatté a terra.

Lo Spezzabandiera era sul punto di finirlo, quando Steve irruppe nella stanza.

<Fermo, Spezzabandiera!> gridò, richiamando l’attenzione del suo avversario.

Questi cercò di colpirlo con la mazza, ma la prontezza di riflessi di Steve gli fece parare il colpo con il suo scudo energetico, poi passò al contrattacco piazzandogli un diretto destro al volto.

Lo Spezzabandiera cadde a terra perdendo la sua arma.

<Finisce qui, adesso, pazzo criminale! Ti arrenderai e ti consegnerai alle autorità!>

<MAI!> gridò il criminale, gettandosi all’attacco contro Steve.

 

 

Madripoor, Città alta.

 

All’interno del Casinò del Princess hotel, Amadeus Cho, Bucky e Agent si aggiravano in cerca di Cheer Chadwick. Il posto era di quelli che richiedevano un vestito formale ed a questo aveva provveduto O’Donnell che aveva trovato, chissà come, tre smoking della loro misura ed aveva anche procurato loro gli inviti per quel locale molto esclusivo.

<Separiamoci e comunichiamo attraverso gli auricolari. Divisi perlustreremo maggior terreno in minor tempo.> disse U.S.Agent.

<Agli ordini, signore.> rispose Amadeus, divertito dal tono autoritario e serio del Vendicatore.

<Sii serio Cho, non siamo in un Luna Park.> lo riprese Walker.

<Oh lo so bene. L’ultima volta che sono stato in un casinò mi hanno beccato a barare ed ero sul punto di prenderle.>[5]

James Buchanan Barnes era stato finemente addestrato per rintracciare il proprio bersaglio senza essere notato; per gran parte della sua vita adulta non aveva fatto altro, sebbene il più delle volte agisse in posti meno affollati di un gran casinò.

Era naturale che dei tre sarebbe stato lui a trovare la Chadwick, era il più quotato per farlo. Non che la donna facesse qualcosa per passare inosservata: oltre al vistoso abito coloro oro che indossava, era evidentemente alticcia per via dello champagne, e l’aver ottenuto una grossa vincita le aveva fatto emettere una fragorosa e sgraziata risata.

<L’ho trovata, al tavolo delle roulette. A ore nove rispetto l’attuale posizione di U.S.Agent.> disse Bucky ai suoi compagni.

I due si avvicinarono senza dare nell’occhio.

<La vedo. State in campana ragazzi, non sarà una cosa facile...> disse stizzito John Walker.

<Perché? È lì, da sola ... non saranno un problema per voi un paio di gorilla... che aspettiamo? Andiamo a prenderla!> disse Amadeus, con evidente impazienza di arrestare l’assassina dei suoi genitori.

<Sta calmo ragazzo!> esclamò ancora Agent <Non muovere un muscolo, non fare nulla finchè non te lo dico io, chiaro? La situazione è assai rischiosa.>

<Cos’hai visto, Agent? Ragguagliaci.>

<La donna giapponese che sta con lei. L’ho riconosciuta. C’è un fascicolo dell F.B.S.A. su di lei e un dossier dei Vendicatori. Si chiama Yuriko Oyama, nota col nome di Lady Deathstrike. È un assassina metaumana.>

<Merda!> imprecò il ragazzo.

<Dobbiamo riuscire a portar via la Chadwick da sotto il suo naso senza che lei se ne accorga, e portarla in acque internazionali, dove finalmente potrai arrestarla.> sentenziò Bucky.

<Eh, ti pare una cosa facile?> sbuffò U.S.Agent.

<Sì, se vi attenete al mio piano.> rispose Barnes.

 

 

Giungla del Tap-Kwai

 

L’elicottero stava per atterrare nel cortile dell’imprendibile carcere di Makiling.

A bordo c’erano Sharon e la sua squadra resi del tutto irriconoscibili da un adeguato trucco molto realistico e molto costoso acquistato grazie al loro mecenate: il miliardario texano John Marshall “Texas Jack” Muldoon. Indossavano le divise sottratte ai soldati che avevano sopraffatto e che ora, assieme all’interprete se ne stavano legati nella casermetta.

Ad un esame non eccessivamente approfondito potevano passare per nativi. L’importante era che non parlassero perché solo Sharon e Paladin conoscevano la lingua locale.

<Pare davvero una fortezza.> fece notare Diamante.

<Dici bene Rachel.> sostenne Sharon <È per questo che ci mandano i prigionieri più pericolosi o scomodi. È praticamente impossibile evaderne.>

<Ma tu ci sei riuscita. Come hai fatto?>

Il volto di Sharon si incupì mentre rievocava ricordi dolorosi.

<Non chiedermelo.> rispose semplicemente.

Rachel capì che era un tasto doloroso e non insistette.

<Siete pazzi, non ce la farete mai.> disse, gelido, Hong Fan.

<Sarà meglio per te che riesca o ti ammazzerò immediatamente.>

L’uomo tacque. Nomad, che impersonava il pilota, guardò Sharon e ciò che vide nel suo sguardo riuscì a turbare perfino lui. Sharon doveva aver passato l’inferno in quel carcere. Una collera sorda si impadronì di lui ma la tenne a freno.

L’elicottero atterrò e ne scesero Paladin nei panni dell’attendente di Hong Fan, Sharon, con una parrucca nera sui suoi capelli biondi impersonava la sua interprete e segreteria. In mezzo a loro Hong Fan se ne stava impettito Alle sue spalle Yukio, anche lei in divisa, impugnava un coltello puntato alle reni del generale.

< Ricorda…> gli sussurrò <… al minimo gesto sbagliato ti ucciderò.>

<Ne sono pienamente consapevole.> replicò lui a bassa voce <Farò la mia parte.>

Il direttore del carcere si fece avanti per accoglierli.

<Generale Hong Fan, benvenuto.>

<Sono venuto a prelevare il prigioniero Nguyen Hoy.> disse Hong Fan in tono sbrigativo <Ho qui l’ordine di trasferimento con la mia firma.>

<Questo è molto irregolare. Nessuno mi ha avvertito.>

<La sto avvertendo io adesso. Vorrebbe discutere un mio ordine, Direttore?>

L’uomo si deterse il sudore dalla fronte. Sapeva bene cosa poteva accadere a chi osava contraddire il potente capo della Polizia Segreta.

<N-no di certo.> replicò poi dette una serie di ordini ai suoi sottoposti che poco più tardi tornarono portando con loro un uomo incatenato.

Il Maggiore Hoy appariva molto provato. Sharon aveva un’idea di cosa potesse aver passato.

Si chinò su di lui e gli sussurrò nella sua lingua:

<Stia tranquillo: andrà tutto bene.>

L’uomo la guardò perplesso ma non disse niente e si lasciò portare sino all’elicottero che era rimasto con il motore acceso.

Approfittando di un momento di distrazione mentre Hoy veniva caricato sull’elicottero, Hong Fan si gettò a terra gridando:

<Sono impostori, uccideteli!>

Ci fu un momento di perplessità tra gli agenti penitenziari e questo permise a Paladin e Yukio di saltare a bordo del velivolo che si sollevò subito in volo.

<Abbattete quel dannato elicottero!> ordinò con rabbia Hong Fan.

Da una torretta una mitragliatrice vomitò un inferno di fuoco ma l’elicottero mantenne l’assetto di volo e si allontanò rapidamente.

<Merda!> imprecò Nomad.

<Che succede?> gli chiese Diamante.

<Devono aver colpito il serbatoio, ed anche il rotore perde colpi.>

<Maledizione. Contavo su quest’affare per riportarci tutti sani e salvi in Sin-Cong.> disse Sharon mentre finiva di togliersi parrucca e lenti a contatto scure <Pensi che ce la faremo?>

<Ho paura di no.> rispose Jack Monroe < Dovremo atterrare prima che sia troppo…> in quel momento il rotore si arrestò <… tardi.>

 

 

Hotel Las Arenas, Valencia, Spagna.

 

Jack Flag, Donna Maria e Yelena erano arrivati da una diversa direzione e si fermarono alla vista del loro leader che lottava con lo Spezzabandiera ed a quanto sembrava stava per avere la meglio su di lui mentre poco lontano Solo si stava rimettendo faticosamente in piedi.

<Dobbiamo aiutare Steve!> esclamò la giovane latinoamericana.

<No!> affermò risolutamente Yelena <Lui sa cavarsela da solo mentre noi abbiamo un altro compito: liberare gli ultimi ostaggi e portarli in salvo. Questo ha la priorità su ogni altra considerazione.>

Maria sospirò. Anche se l’istinto le gridava di aiutare l’uomo di cui era innamorata, sapeva che Yelena aveva ragione.

Un coro di voci concitate proveniva da dietro una porta chiusa.

<Gli ostaggi!> esclamò Jack <Sono tutti rinchiusi la dentro. Dobbiamo liberarli.>

Fece per andare verso la porta ma ancora una volta la Vedova Nera intervenne e lo bloccò afferrandogli un braccio.

<Attento!>

Indicò un filo sottilissimo, quasi invisibile in cui Jack Flag stava per inciampare.

<Deve essere collegato ad una bomba.> spiegò <Toccandolo l’avresti sicuramente attivata.>

<E qui c’è un timer.> confermò Donna Maria indicando una scatola nera fissata ad una parete.

<Pare che ti debba la vita.> commentò Jack. Rivolto a Yelena.

<È così che si usa tra compagni.> replicò lei con un’alzata di spalle.

<Ci sono altre cattive notizie.> intervenne Donna Maria <Il timer è appena stato attivato, ci restano meno di cinque minuti prima che questo posto esploda.>

<È impossibile portare via tutti in tempo!> esclamò Jack Flag <Ma anche i miliziani di U.L.T.I.M.A.T.U.M. moriranno!>

<Ai fanatici non importa di morire. Secondo la loro visione distorta saranno martiri della loro causa. Siamo decisamente alle prese con una situazione spinosa.>

<Una situazione in cui mi sono già trovata recentemente.>[6] disse Donna Maria cercando di non cedere all’apprensione <Lasciatemi fare, posso riuscire a disinnescare questa bomba.> affermò la donna.

Ma la fortuna sembrava aver voltato loro le spalle: un drappello di miliziani di U.L.T.I.M.A.T.U.M. era appena arrivato sul luogo ed il loro capo ordinò:

<Fuoco! Uccidete quei cani.>

Il suono sordo del click dei grilletti che venivano premuti echeggiò nella sala.

 

 

Jungla del Tap-Kwai

 

Anche da diversi chilometri si poteva vedere una densa colonna di fumo nero elevarsi dagli alberi.

L’elicottero con a bordo la squadra di Sharon infatti era stato abbattuto e costretto ad un atterraggio di emergenza ma i suoi occupanti, vuoi per l’abilità del pilota, vuoi per fortuna, ne erano usciti ammaccati ma vivi.

<State tutti bene?> chiese Sharon, cercando di non mostrare quanto fosse provata.

<Sì... tutti interi, perlomeno.> rispose Diamante.

<Il maggiore Hoy?> chiese ancora la bionda.

<È vivo.> la rassicurò Nomad.

<Dobbiamo cambiare i nostri piani.> disse Sharon <Contavo sull’elicottero per raggiungere il Sin-Cong ma adesso dovremo farci recuperare dalla squadra di estrazione della C.I.A, garantitami da Rawlins.>

Azionò la radio sulla frequenza concordata e disse:

<Qui 13, ho il pacco ma ci serve un passaggio per portarlo a destinazione.>

<<Ricevuto 13.>> rispose una voce in Inglese <<Portatelo nel punto concordato.>>

Seguì un breve scambio di idee sul tempo necessario a loro per arrivare a destinazione, poi Sharon disse:

<Muoviamoci.>

I membri della sua squadra si erano sbarazzati delle divise e del trucco e ripreso il loro equipaggiamento abituale.

Infilandosi l’elmetto Paladin disse:

<Sarà una marcia dura fino a quel dannato ponte sospeso…>

<Non ha importanza, adesso.> lo interruppe Yukio <Quanto manca al punto di raccolta?>

Sharon spiegazzò la mappa.

<Non molto, ci siamo quasi. Ma ci saranno già alla costole. Hong Fan avrà di sicuro il dente avvelenato e non mollerà finché non ci avrà presi o uccisi. Dobbiamo muoverci, tra poco calerà il sole. Da questa parte...> disse indicando la direzione da prendere.

L’insolito quintetto e il loro prigioniero si fecero strada nella fitta boscaglia della giungla, cercando di raggiungere la loro meta prima dell’arrivo dei loro inseguitori. Paladin con un machete si faceva largo tra le liane e i rami.

<A-Acqua ... ho sete, datemi da bere...> implorò Hoy.

<Non c’è tempo, berrai una volta superato il confine con il Sin-Cong. Adesso muoviti.> gli rispose Nomad, che per indottrinamento aveva poca simpatia per gli orientali dalle idee comuniste.

<Ci siamo, eccoci!> disse Yukio, vedendo il crepaccio dinnanzi a loro.

Le loro speranze però vennero presto tradite quando, una volta superata la fitta boscaglia, videro che il ponte di corda che usarono all’andata era stato tagliato.

<Ma come...? Cosa successo? Chi è stato?> domandò Diamante, in preda al panico.

<Porca... ci hanno venduti!> imprecò Paladin.

Le cose precipitarono ulteriormente: infatti tutt’a un tratto, la testa del maggiore Hoy esplose di colpo, imbrattando di sangue Nomad.

Qualcuno dall’altra parte del dirupo gli aveva sparato con un fucile da cecchino.

<È morto!> gridò Jack, ribadendo quello che era ovvio per tutti.

Erano stati traditi. Qualcuno aveva teso loro una trappola... e Sharon Carter sapeva fin troppo bene chi era stato.

<Rawlins ...> disse, maledicendo quel nome.

 

 

CONTINUA...

 

 

NOTE DEGLI AUTORI

 

 

            Cosa dire a proposito di quanto avete appena letto?

1)    Jessan Hoan, alias Tyger Tiger, è stata create da Chris Claremont & Marc Silvestri su Uncanny X-Men Vol. 1° #229 datato maggio 1988.

2)    O’Donnell è stato creato da Chris Claremont & John Buscema su Marvel Comics Presents Vol. 1° #1 datato settembre 1988.

3)    Belle e stata creata da Chris Claremont & John Buscema su Wolverine Vol. 2° #2 datato dicembre 1988.

4)    Archie Corrigan è stato creato da Chris Claremont & John Buscema su Wolverine Vol. 2° #4 datato febbraio 1989. Va detto che il suo nome è un omaggio allo sceneggiatore Archie Goodwin ed al personaggio di Philip Corrigan, Agente X-9 da lui scritto per un lungo periodo e disegnato da Al Williamson, inchiostratore della storia in cui Archie appare per la prima volta,

5)    Tai è stato creato da Chris Claremont & John Buscema su Wolverine Vol. 2° #3 datato gennaio 1989.

6)    L’originale Ranjamaryam stato creato da Chris Claremont & John Buscema su Wolverine Vol. 2° #4 datato febbraio 1989. È morto nello stesso numero e questo è collegato a lui, come? Chissà?

7)    Hong Fan è stato creato da Mark Waid & Ron Garney su Captain America Vol. 1° #454 datato agosto 1996.

8)    Il nome della prigione fortezza è un omaggio ad una storia di Largo Winch di Jean Van Hamme & Francois Boucq.

Nel prossimo episodio: Steve e soci alle prese col il fanatismo dello Spezzabandiera e la sete di sangue di Solo. Bucky, Amadeus e USAgent in una mortale partita a poker.

Sharon e la sua squadra debbono uscire dal Tap-Kwai ma la loro unica via di fuga è stata tagliata e mezzo esercito di quella nazione è sulle loro tracce.

Come possono cavarsela?

            Tutto questo e molto di più. Non mancate.

 

 

Carlo & Carmelo



[1] Su Captain America Vol. 1° #321 (in Italia su Capitan America & I Vendicatori #61).

[2] Humvee o HMMWV ovvero High Mobility Multipurpose Wheeled Vehicle, letteralmente: "Veicolo multifunzione su ruote ad alta mobilità" veicolo militare da ricognizione dell'esercito americano e non solo..

[3] Ma noi sappiamo chi è, vero? -_^.

[4] Narrate su Marvel Knights MIT #3.

[5] Nell’episodio #1.

[6] Nell’episodio #33.